Il “bluegrass” è un genere di musica tipicamente statunitense, che può essere considerato una branca della country. Trae ispirazione dalla musica dei Monti Appalachi. In esso sono confluite tradizioni musicali irlandesi, scozzesi, gallesi e inglesi, e, in seguito, influenzato dalla musica afro-americana attraverso l’assimilazione di elementi jazz.
(Da Wikipedia)
INTERVISTA AD ABIGAIL HARDIN
Lucas Eller: Per cominciare, parlaci un po’ della storia dei NYCity Slickers.
Abigail Hardin: Si tratta di una band di cui io sono una delle cantanti, e ci sono anche la mia mamma e mio papà. Perciò è una sorta di gruppo familiare. Tutto è cominciato quando guidavamo verso sud(da New York), ci piaceva sempre ascoltare musica alla radio(L’adoro!), ecco come ci siamo interessati al “bluegrass”. Poi abbiamo formato il gruppo nel 2008, abbiamo pubblicato nel 2011 il nostro primo album – Laying It Down -, e nel novembre del 2013 il nostro nuovo EP dal titolo Cotton and Comment Sky.
LE: A New York, la band si esibisce nei bar, e l’altro giorno tua madre, Annie Chadwick, mi ha parlato della vostra performance in una chiesa di Manhattan, due ambienti molto diversi. Perché pensi che un pubblico eterogeneo sia interessato al bluegrass?
AH: Provenendo dal teatro, abbiamo creato uno spettacolo, ciò che ci rende orgogliosi. Non ci limitiamo a salire sul palco e ad entrare nel vivo, siamo molto più estroversi. Dal 2011, attraverso il film Fratello, dove sei?, credo che il “bluegrass” sia diventato di nuovo popolare. Anche il fatto che New York City sia un luogo dove molti provengono da un’altra zona, penso sia il motivo di tanto interesse per il “bluegrass”, perché ci sono persone di quella regione che ora vivono qui.
LE: Proviene dal sud degli Stati Uniti?
AH: Non è del profondo sud, è del centro-sud: Virginia, Carolina del Nord, Tennessee, Kentucky, quindi la maggior parte degli stati atlantici del sud.
LE: In quanti posti vi siete esibiti?
AH: All’incirca dai quindici ai venti, o più. Suoniamo in diversi bar, ma mai ancora nel Bronx o a Staten Island, per cui questi luoghi sono sparsi tra Brooklyn, il Queens e Manhattan.
LE: Ho assistito ad un concerto e l’ho adorato. Abito vicino al Rodeo Bar e mi sono fermato una notte per un drink veloce, ma alla fine sono rimasto per due ore. Siete stati grandiosi sul palco, la musica è davvero appassionante e divertente.
AH: C’è gente che ci dice che è impossibile rimanere di cattivo umore ascoltandoci, perché è una musica talmente allegra. E l’energia è qualcosa su cui dobbiamo lavorare in modo da andare avanti per tre ore. Stiamo vivendo un gran bel momento. Penso che ciò che ci rende unici sia il fatto di avere cantanti donne quando di solito il “bluegrass” viene eseguito da cantanti di sesso maschile, e anche perché ci alterniamo: io canto una parte, poi mia mamma, e infine Kate Harris. In modo da avere un minimo di riposo, e al pubblico piace, perché ci sono tre cantanti differenti.
LE: Qualche canzone del gruppo che ti piace in particolare?
AH: Scrivo un sacco di canzoni, quindi mi piacciono quelle che ho scritto io. Eseguiamo “Teenage Dream” di Katy Perry, davvero divertente.
LE: Avete video su YouTube?
AH: Non ancora, sarebbe una cosa in più. Una versione MP3 e una ITunes sono disponibili sul nostro sito www.NYCslickers.com
LE: Ho sentito che siete in procinto di recarvi in Norvegia.
AH: Andremo in Norvegia in settembre. Si tratta di un’occasione unica. In realtà grazie al Rodeo Bar: nel 2010, un vulcano ha eruttato in Islanda causando la sospensione dei voli aerei tra Europa e America. Così, quando è successo, due ragazzi norvegesi sono rimasti bloccati qui in America perché non potevano tornare indietro. Loro adorano la musica americana, ed erano al Rodeo Bar quando stavamo esibendoci, e da qual momento abbiamo stretto amicizia con loro, le loro famiglie e gli amici, che vengono a trovarci e a visitare. Come risultato, ora conosciamo così tanti norvegesi. E, inoltre, per rendere il mondo ancora più piccolo, si scopre che uno nella loro famiglia ha affittato un brownstone (tipo di abitazione, presente specialmente a New York, costruita con “brownstone”) di fronte a dove abitiamo – è un mondo così piccolo.
LE: Come è avvenuto il tramite?
AH: E’ destino. Attraverso loro, abbiamo incontrato anche un registra, Kamil
Jensen, che gestisce il Nordkapp film festival in Norvegia, si è interessato a
noi e sperava di portare lì l’intera band a fare un mini tour come apertura del film festival. Noi speriamo avvenga fino in fondo, ma per ora mia mamma, mio papà ed io stiamo sorvolando e facendo assaggiare solo un po’ dei NYCity Slickers. E’ davvero bello, non stiamo andando ad Oslo, che si trova nella parte meridionale della Norvegia, ma ci stiamo dirigendo nella città settentrionale più abitata d’Europa.
LE: La città ha una grande popolazione ?
AH: E’ la più grande citta nell’Europa settentrionale, ci sono altre aree nel nord ma sono cittadine. E’ l’unica città così a nord.
LE: Come si chiama?
AH: Si chiama Honningsvag, ed è nel Circolo Polare Artico.
LE: Il vostro viaggio avverrà in autunno fino a tutto l’inverno, quindi voi avrete probabilmente solo circa sei ore di sole al giorno.
AH: Sì, lì la luce solare sta cominciando a diminuire ora.
LE: Dove andrete a esibirvi?
AH: Ci esibiremo più volte, per il film festival, faremo un workshop di musica folk Americana, anche in una chiesa, che è il solo edificio non andato distrutto dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale.
LE: Scommetto che le persone norvegesi sono molto curiose della vostra band, essendo degli Stati Uniti, perché amando guardare ciò che accade qui.
AH: Davvero. Penso gli Europei siano affascinati dalla musica americana, il folklore più vecchio d’America.
LE: Grazie per questa intervista Abigail. Non vedo l’ora di sentire di più da te e dalla band quando tornerete a New York.
INTERVISTE LUCAS ELLER
TRANSLATED TO ITALIAN by Lorenzo Crestani, Milan